L’EDERA Per un’etica rampicante nello spettacolo

Un libretto rosso per il teatro: Rita Pelusio e Lello Cassinotti su “L’edera, per un’etica rampicante nello spettacolo” L’intervista su PAC 

ELENA SCOLARI | Cipputi, il disincantato e inarrivabile operaio di Altan, ha sempre una battuta fulminante per spiazzare i compagni di fabbrica, il vignettista tanto li ama e tanto li mette in guardia (soprattutto dagli ombrelli che svolazzano ad altezza d’uomo).
I lavoratori dello spettacolo sono lavoratori, sappiamo quante restrizioni il comparto abbia subìto negli ultimi due anni e – grazie alle proteste – forse qualche italiano in più si è accorto di loro.

Nel novero di quanti hanno fatto sentire la voce del teatro nei mesi di fermo, occupandosi di normative e di contraddizioni interne al settore, c’è anche il collettivo Itaca Etica, che ha prodotto un esito librario scaturito dal confronto tra i lavoratori e chi ha dialogato con loro: il libretto rosso L’edera, per un’etica rampicante nello spettacolo.
PAC ha intervistato gli attori Rita Pelusio e Lello Cassinotti, membri del gruppo e tra gli autori dei testi, per chiedere loro di raccontare e spiegare quest’impresa.


Che cos’è Itaca Etica?

Itaca Etica è il nome di un collettivo informale, nato dopo un anno di confronto e condivisione di pensieri, parole e mai omissioni sul nostro settore. Simboleggia un porto d’arrivo che è anche di ri-partenza dopo aver attraversato l’arcipelago delle differenti realtà che popolano la geografia dello spettacolo dal vivo.
Sin dal primo periodo pandemico nel mondo dello spettacolo sono sorti moltissimi coordinamenti e gruppi informali che si sono premurati, preoccupati, impegnati per un rinnovamento del sistema teatro/spettacolo dal vivo con successi e insuccessi, realtà che hanno affiancato le sigle, i raggruppamenti storici e le associazioni di categoria.
I tavoli Etici di C.Re.S.Co. e di Attori Attrici Uniti (così come altri soggetti) si sono fatti promotori e si sono impegnati in un dialogo trasversale a tutte le categorie, tra lavoratori e strutture, tra le varie sigle e i neonati coordinamenti per ragionare sulla possibile stesura di un codice etico che metta tutti nelle stesse condizioni di responsabilità.
Un’utopia, certo. Infatti a causa di divergenze di pensiero su un’etica comune ci siamo immaginati di deviare il percorso verso un non meno importante codice deontologico.

Rita Pelusio


La situazione è però mutata, nel frattempo.
Fortunatamente molti hanno poi ripreso a lavorare e questo ha rallentato lo studio per la  realizzazione del codice causando la scomparsa di molte delle nuove sigle e l’allontanamento delle persone impegnate in modo volontario. Non è certo facile mettere a disposizione passione, pazienza e tempo per una causa comune.
Un ristretto numero di otto persone, motivate da sincero interesse, hanno deciso di procedere nominalmente, assumendosi la responsabilità della ricerca e del dibattito, continuando a dialogare e approfondire le contraddizioni mai normate. Ci siamo conosciuti sempre di più e abbiamo deciso di intrecciare le nostre parole, esprimere concetti e sollevare domande alle quali noi stessi ci siamo chiamati a rispondere. La bellezza di questo processo creativo e l’intesa che non ci esonerava dalle discussioni ha fatto sì che si potesse arrivare alla nascita del gruppo, che nulla vuole imporre ma cerca di sollevare questioni collettive.

Come è nata l’idea di pubblicare un libro?
Abbiamo pensato di dare una forma non troppo istituzionale a quanto emerso, più connaturata alle nostre attitudini e che avrebbe forse attirato più attenzione. Il continuo confronto ha dato vita a un libretto scritto a 16 mani (8 teste), rosso come alcuni libretti rimasti nella storia, senza ambizione di restarci a nostra volta ma sperando di contribuire a farla.
Con questa pubblicazione – di cui ci assumiamo la responsabilità individuale di ogni parola scritta – speriamo di stimolare riflessioni ad ampio raggio; intanto noi continueremo a parlarne e lavorarci, soprattutto promuovendolo e realizzando presentazioni, occasione di ulteriore dibattito.
Il nostro Settore è frastornato e sempre di più piegato alla logica del mercato teatrale, l’ipocrisia impera e gli azzeccagarbugli sono molti di più di quel che si possa immaginare. L’individualismo è sempre questione di scelta, sottrarsi alla responsabilità collettiva non è giustificabile con la necessità. Noi ci crediamo e quindi lavoriamo.

A chi è rivolto, principalmente? Parlate con i colleghi artisti, sì, ma vorreste che venisse letto anche dalle istituzioni?
È un libro e quindi è per chiunque voglia leggerlo. I primi lettori che abbiamo coinvolto prima di pubblicarlo e appena pubblicato sono state persone del settore e non, e anche chi non fa questo lavoro si è riconosciuto nei contenuti. L’etica nel nostro lavoro non si differenzia da quella di altri mestieri. Il primo capitolo titola “per tutti”, non a caso. La dignità del lavoro e la responsabilità reciproca tra chi collabora è trasversale a tutti i lavori. La diversità sta nella materia modellata ma non nelle relazioni tra gli individui.
L’edera è un libro che chiama alla partecipazione del lettore che può interagire direttamente con annotazioni, suggerimenti e riflessioni da inviare agli autori.

Per quanto riguarda le istituzioni, non sappiamo se arriverà mai nelle mani, o meglio sulle scrivanie di chi le rappresenta, certo sarebbe auspicabile. Sarebbe importante perché molte dinamiche che ostacolano una sana ecologia del settore sono scatenate da una gestione spesso cieca agli effetti dei tempi dei decreti attuativi, per esempio. Ai tavoli del FUS anche le istituzioni regionali e locali dovrebbero fare un pensiero più complessivo in merito agli investimenti in cultura.
Insomma per ora è sui tavoli dei sindacati, di altri coordinamenti, sul comodino o nella libreria di qualche responsabile di strutture anche importanti, in qualche foyer di Teatri. Viene sempre presentato dopo il docufilm L’ultima Ruota che sta circuitando con lo scopo di tener vivo il dibattito sulla condizione delle lavoratrici e lavoratori dello spettacolo.
Riteniamo necessario tenere acceso anche il dibattito intorno all’assunzione di responsabilità che ognuno di noi dovrebbe accollarsi per il bene del settore tutto.

La forma “leggera” che avete scelto è quella che vi è più congeniale o pensate che debba essere una cifra dei lavoratori dello spettacolo anche quando si occupano di questioni strettamente professional-sindacali, a segnare la propria differente natura?
La forma è per lo più quella degli aforismi, calembour, giochi di parole: racchiudere in poche parole le nostre riflessioni è stato un grande esercizio. Volevamo un libro che desse un respiro, che non arrivasse come una sentenza o un macigno. Esercizio anche questo. Sicuramente ci ha aiutati l’ironia che abbiamo voluto esprimere, ci siamo divertiti, è stato un processo creativo che ha saputo unire le anime e l’intelletto artistico di ognuno di noi. È un libro sincero.
Il rischio di risultare supponenti a fondo pagine c’è. Essere in otto ci ha aiutati, speriamo, a limitare il danno.


Su una cosa eravamo e siamo d’accordo: ogni volta che l’arte diventa atto politico, c’è sempre qualcuno che non ne condivide il senso. Alcuni vorrebbero l’arte scissa dalla politica altri vorrebbero la politica scissa dall’arte. Ma questo non è possibile, come diceva Picasso “siamo esseri politici e dobbiamo vivere nella consapevolezza”. Poi su come ognuno decida di esserlo sta nella natura espressiva della nostra arte.
Vi sono anche due contributi di carattere filosofico, il primo di Dino Villatico – giornalista e musicologo, critico musicale di Repubblica e docente di Storia della musica al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e un secondo di Francesca R. Recchia Luciani – filosofa, docente di Storia della filosofia dei diritti umani, Università A. Moro, Bari; avrebbero dovuto essere pre e postfazione ma li abbiamo integrati nella stesura rompendo la logica editoriale, definendoli Ubu maior pro e Ubu maior plus giusto per non tradire la necessità di scherzare sul serio.
(Cogliamo l’occasione per ringraziarli ancora e già che ci siamo ringraziamo anche le Edizioni Corsare che hanno accettato la pubblicazione a loro nome).

Come pensate che tutta questa importante riflessione sullo spettacolo come lavoro possa arrivare al pubblico?
Invitando tutte le colleghe e i colleghi a portare il libro in teatro, a lasciarlo nel foyer e magari a leggere uno o due aforismi al termine dello spettacolo. Le scuole di teatro potrebbero essere un buon volano.
Purtroppo non c’è ancora una reale ripresa del settore cultura, se non a singhiozzo, abbiamo vissuto trincerati a lungo e abbiamo ancora tutti paura, e se questo libretto può servire a continuare a migliorarci allora ci piacerebbe diventasse un taccuino per ognuno di noi, per appuntarci ciò che vorremmo provare a cambiare. Forse è solo l’inizio, magari scriveremo un secondo volume… chissà.

Per il momento pensate che sia uscito qualcosa di incoraggiante dal grande impegno durante e post-lockdown per il comparto teatrale?
No. Ciò che è stato faticosamente costruito è stato spazzato via dalle continue false ripartenze, e potrebbe ri-accadere anche domani. Più di settantamila lavoratori hanno dovuto cambiare mestiere e si prova sgomento nel vedere colleghi che si considerano privilegiati per il fatto che a loro non è toccata questa sorte. La legge della sopravvivenza o del più forte non è una legge naturale, casomai la mancanza di solidarietà o di obiettivi comuni come quello di un codice Etico – da cui è maturata la necessità di imbarcarsi per viaggiare verso l’Itaca Etica – denunciano lo sgomitare umano assimilando il nostro lavoro a tutti gli altri mestieri che si rifanno alle leggi dell’economia o del profitto.
C’è una divisione sempre più netta fra grandi teatri e il resto dell’humus culturale, c’è indifferenza verso il prossimo e soprattutto la coesione sembra ora un miraggio.
Insomma si salvi chi può.

Se doveste scegliere tre parole per indicare a quest’edera artistica in quale direzione rampicare, cosa direste?
Puoi stare anche ferma, l’importante è germogliare. E guardare alla luce come è naturale.


L’edera – per un’etica rampicante dello spettacolo
 (Ed. Corsare)
Fanno parte del collettivo: Antonello Cassinotti – attore, performer, coordinatore del Tavolo Etico di C.Re.S.Co., Andrea Cramarossa – attore e regista, fonda il gruppo di ricerca teatrale Teatro delle Bambole e del simposio permanente Artemvta – Etica e Ricerca, Simone Faloppa – dramaturg, storyteller e maestro di strada, Daniela Giordano – attrice, regista, autrice e sceneggiatrice, Federico Gobbi – attore del gruppo di ricerca teatrale Teatro delle Bambole e fondatore del simposio permanente Artemvta – Etica e Ricerca, Rita Pelusio – autrice e regista comica, vignettista (alla bisogna), Sara Palma – drammaturga, sceneggiatrice, regista – co-fondatrice della realtà di genere Mujeres nel Teatro, Marco Schiavoni – compositore e videomaker indipendente, dattilografo, promotore C.Re.S.Co. – Tavolo Etico.